La difficile eredità di Giulio A. Maccacaro

Sapere 798 Marzo 1977

Scienza e potere
Medicina e potere
Democrazia e potere
Scuola e potere

La difficile eredità di Giulio A. Maccacaro

Ho conosciuto Giulio Maccacaro, appena chiamato a Milano come Professore di Biometria e Statistica Medica. In occasione di una riunione di docenti si discusse di quello che stava succedendo a tre giovani studenti del Liceo Ginnasio G. Parini di Milano, i quali avevano osato trattare di «Cosa pensano le ragazze d'oggi» in un articolo del giornale della Scuola «La zanzara». L'espressione del loro pensiero era costata una imputazione così grave che il Pubblico Ministero, nel corso della istruttoria sommaria, si era avvalso della «ispezione corporale» sugli studenti imputati, non tanto per la ricerca della verità processuale racchiusa in quelle paginette del giornale, quanto per umiliare e punire nel modo peggiore quei giovani [1].
Il processo che ne seguì - e dal quale i tre studenti uscirono assolti - produsse grave turbamento per i tentativi, andati poi a buon fine in sede di appello, di togliere il processo al suo giudice naturale, sin da allora per motivi di ordine pubblico [1].
In quella occasione ebbi modo di constatare come Giulio Maccacaro analizzasse nei termini essenziali l'intervento del potere costituito - «le cui fondamenta sono infisse nel dogma, nella investitura e nel privilegio» - per reprimere i tentativi di emancipazione dai cosiddetti princìpi inculcati e diventati nel tempo dei vuoti atteggiamenti. Fu quando imparai da lui che il potere non è un ente astratto, da invocare a proposito e a sproposito, ma una realtà di fatti e uomini che va ricercata con il massimo rigore per le regole che la sottendono, e che vengono ferreamente esercitate ogniqualvolta si teme che il potere venga in qualche modo intaccato. Sempre riandando a quegli anni mi viene di ricordare un altro esempio di come venga esercitata violenza sulle persone che dimostrano un comportamento anomalo rispetto alle regole del potere. Si tratta della grave condanna inferta ad Aldo Braibanti [2], partigiano nelle Brigate G.L., catturato e torturato dalle bande Koch e Carità, colpevole di «plagio» nei confronti di Giovanni Sanfratello «cittadino maggiorenne, tutelato dalle leggi della Repubblica», il quale «ridotto in totale soggezione dal Braibanti, poteva circolare liberamente e realizzava una intensa attività artistica» mentre «sottratto al plagio attraverso il rapimento da parte dei suoi familiari viene restituito alla libertà con il ricovero prima in una casa di cura privata e poi in manicomio». Nel quale manicomio i quaranta elettrochoc e i due coma insulinici «non saranno sufficienti a convincerlo di schierarsi contro il Braibanti». Giovanni Sanfratello vien dimesso dal manicomio in via di esperimento (difenderà con la sua testimonianza il Braibanti) a condizione, però, di osservare rigorosamente una serie di prescrizioni mediche quali «il divieto di leggere libri che non abbiano almeno cento anni, l'ordine di evitare in via assoluta qualsiasi contatto o interessamento diretto o telefonico con gli amici di un tempo, considerati patogeneni dal Prof. Trabucchi» (fratello dell'allora ministro e medico curante) e dai precedenti curanti, di usare la massima lealtà nell'evitare qualsiasi forma di evasione dalle prescrizioni di cui sopra e dare notizia di qualsiasi scappatella in merito ».
Fatti come questi ed altri ben più gravi, se si può dir così, non potevano non stimolare una intelligenza così dedicata alla lotta contro la ingiustizia e l'oppressione come quella di Giulio Maccacaro.

Egli ben sapeva, però, che la repressione di elementari diritti civili nasconde la vera preoccupazione del potere, che venga cioè intaccata la struttura sociale basata sul profitto e sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ed è all'analisi di questa preoccupazione del potere che Maccacaro ha portato un contributo a parer mio non ancora appieno valutabile, sostenendo alcune memorabili battaglie, alla fine degli anni sessanta, sulla sperimentazione sull'uomo, sulle interazioni dell'industria farmaceutica con le strutture sanitarie, sui ruoli svolti dalle istituzioni pubbliche «nel cambiare qualcosa perché tutto restasse come prima», anziché operare fermqmente ed efficacemente per la tutela della salute della collettività, sull'esercizio del grande e piccolo potere contro i lavoratori e i deboli nella fabbrica, nella professione, negli ospedali e nelle scuole.
La riflessione su questa analisi deve aver portato Maccacaro a stabilire la stretta connessione tra il potere e la scienza nell'odierna società capitalistica e a formulare l'ipotesi «che la scienza sia nell’esperienza attiva o passiva e nel discorso implicito o esplicito di tutti gli uomini perché di scienza è ormai fatto il potere e di potere gli uomini vivono e muoiono» [3]. Parallelamente egli maturando la ricerca sulle condizioni ottimali di una gestione del potere da parte della classe operaia, gestione che realizzasse appieno il benessere e la salute di una collettività e di un uomo nuovi. Questa ricerca andava maturando anche in base alle esperienze di socialismo che egli ebbe modo di conoscere a livello e varietà mondiali. Per quanto attiene alla scienza e al potere nella presente società capitalistica, egli ebbe a mettere in risalto l'uso del sapere e del metodo scientifico da parte della borghesia «per conservare la sua egemonia sul proletariato e per negarli il suo ruolo storico» attraverso la oggettivazione di una scienza per sé, neutrale, «cui basta l'evidenza dei risultati per assolverla dalla giustificazione dei fini. Questi, si implica, non possono divergere dall’interesse e dal bene collettivo. Quando tale divergenza si fa apparente e non oltre occultabile, è pronto l'alibi della ricaduta di conoscenze e di beni in qualche modo fruibili. Quando addirittura si rivela contraddittoria o nemica di quel bene o interesse, si inaugura il discorso sul cattivo uso della buona scienza, quasi uno sfortunato contrattempo cui si potrà riparare in qualche modo, comunque mai interferendo con un ulteriore avanzamento sui cammini segnati». Segnati e scelti da quei detentori del potere il cui unico fine è quello «della competitività della produzione, della necessità del progresso tecnologico come tecnologia dello sfruttamento, dell'utilità di creare dei diversivi rispetto ad altre ricerche: quali potrebbero essere quelle appunto sui fattori che determinano le scelte scientifiche e ne fanno oggetto di incentivazione differenziale » [4].
In questo studio ed impegno Maccacaro mette in risalto le conseguenze più immediate della oggettivazione della scienza, come imposta dal potere; la divisione dei ruoli e quella del lavoro. Il che ha dato luogo, anche per merito suo, ad una salutare crisi di identità dei ricercatori e dei tecnici, che la lotta di classe ha messo di fronte a scelte decisive. «Interrogare la natura e leggerne la storia, intenderne le leggi, rappresenta ben altro che l'appagamento di una esigenza intellettuale. È per lo scienziato scegliere se stesso, la propria collocazione nella lotta per la emancipazione dell'uomo. Una scelta che gli si è riproposta ogni giorno e che egli deve compiere oggi quando lo scontro tra la borghesia e la classe operaia segna termini ormai perentori: o col capitale o col lavoro, o contro l'uomo o con l’uomo ». E ancora: «I ricercatori e i tecnici potranno esprimere e sviluppare scelte di ricerca autenticamente valide e progressive, soltanto nella misura in cui saranno capaci di ricondurre nella lotta della classe operaia la ragione della propria battaglia politica» [4]. Una interpretazione così puntuale dell'intreccio tra scienza e potere così come sono, non poteva che portare Maccacaro alla ricerca di una scienza e di un potere nuovi, volti al benessere e alla salute di una collettività e di un uomo nuovi.

Tra le molte iniziative ch'egli ha portato avanti per lavorare su un argomento di questa portata, due ci riguardano in modo particolare, quella di «Sapere» e quella di «Epidemiologia e prevenzione».
Al primo numero di quest'ultima rivista egli attendenva con altri compagni quando venne colto dalla morte. Ma già nel numero zero erano chiaramente delineati le linee di impostazione, i contenuti e i metodi, che costituiscono oggi, assieme al precedente lavoro nel campo della medicina, quasi un suo testamento spirituale, come è stato ben messo in evidenza da Severino Delogu nel suo Ricordo di Giulio Maccacaro [5]. Per quanto riguarda Sapere, ciascuno dei suoi collaboratori e dei suoi lettori sa la impostazione, i contenuti e i metodi eh' egli ha indicato per questa iniziativa. Egli si è reso garante di una ferma conduzione di una ricerca e di una lotta che permettano al proletariato di conquistare il potere e gi gestirlo « nella misura in cui si sarà appropriato anche della scienza. Che non sarà più la stessa in un comando diverso, ma una scienza rifondata. Non si tratta tanto di riappropriarsi, cioè di far si che o tutti si approprino di ciò che c'è, ma di costruire, cominciando col distruggere, delle possibilità alternative di pratica sociale nel campo della scienza. La nostra iniziativa si pone dunque come momento di analisi storica della scienza data, alla vigilia della sua messa in crisi pratica e di, ricerca prospettiva sulla nuova scienza» [6]. Su questa ricerca e su questa lotta va aperto un confronto dialettico in tutta la sinistra, senza aprioristiche diffidenze, perché vengano assicurati al Movimento gli strumenti e le decisioni migliori per un produrre fondato sul sociale, per la tutela della Salute, per il raggiungimento del benessere individuare e collettivo. È per aiutare questo confronto, anche tra i lettori di Sapere, che abbiamo raccolto in questo numero alcuni tra gli scritti significativi di Giulio Maccacaro.
La garanzia che egli offriva la dobbiamo trovare in ciascuno di noi, nel lavoro e nella lotta per quegli obiettivi che lui ci ha così chiaramente indicati.

(Un compagno del consiglio di redazione)

[1] «Cronaca Forense» 4, n. 1/2, gennaio-aprile 1966; 4, n. 3, maggio-luglio 1966.
[2] «l'Astrolabio», VI, nn. 29, 30-, 32 - 1968.
[3] «Sapere», n. 768, gennaio 1974.
[4] AA.VV., La salute e il potere in Italia, De Donato, Bari.
[5] «l'Unità», 11 marzo 1977.
[6] «Sapere», n. 797, gennaio-febbraio 1977.